La crioconservazione ovocitaria non per indicazione medica

articolo a cura della Dott.ssa Sabina Consigli – Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia e Ostetricia

Negli ultimi anni ha avuto sempre più diffusione, soprattutto all’estero, la crioconservazione ovocitaria non per indicazione medica: la procedura nota come social freezing.

 

La sua diffusione è legata alle variazioni socio economiche e culturali che negli ultimi 10 anni hanno portato ad un progressivo ritardo nell’età in cui la donna cerca la gravidanza: in Italia circa il 35% delle donne ha il primo figlio dopo i 35 anni di età.

 

Mentre la fertilità maschile risente pochissimo del progressivo avanzare dell’età, la fertilità femminile è invece strettamente legata all’età stessa: è infatti massima dai 20 ai 30 anni, ancora adeguata fino ai 35 anni, inizia invece a decrescere sempre più rapidamente dopo i 38 anni e soprattutto dai 40 anni in poi.

 

Questo è un qualcosa di non modificabile ma insito nella natura femminile; infatti il numero degli ovociti è un patrimonio predeterminato, presente già alla nascita e che con l’aumentare dell’età va riducendosi. Dopo i 35 anni infatti le probabilità di concepire diventano inversamente proporzionali all’età stessa e si stima che la fertilità viene perduta in media 7 anni prima della menopausa.

 

Neanche il ricorso a tecniche di fecondazione in vitro consente di superare il fattore età in quanto le percentuali di gravidanza ottenute con tali tecniche sono comunque correlate strettamente all’età della paziente. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in base al report del 2017, mostrano infatti percentuali di gravidanza su cicli iniziati per tecniche a fresco del

  • 24% in donne con età minore di 34 anni
  • 19.7 % fra i 35 e i 39 anni
  • 11.6 % fra i 40 e 42 anni
  • 5.7 % nelle over 43

 

Se dunque, nel progetto di vita di una donna c’è un figlio ma, per svariati motivi, la ricerca di gravidanza viene posticipata, ecco che la crioconservazione dei propri ovociti è la scelta più adeguata ed è un’opzione da valutare per evitare di pregiudicarsene la possibilità in futuro, garantendosi in tal modo le percentuali di successo legate alla giovane età.

 

La possibilità di avere gravidanza da ovociti crioconservati è infatti in relazione al numero e alla qualità degli ovociti stessi, e questi fattori sono correlati all’età della donna. Per tale motivo è consigliabile ricorrere al social freezing in età giovanile, possibilmente al di sotto dei 35 anni quando in genere la riserva ovarica e la qualità degli ovociti è adeguata.

 

In fasce d’età superiori tali caratteristiche vengono progressivamente compromesse tanto da renderla una metodologia non consigliata in donne di età superiore ai 38 anni. Dopo tale età infatti il numero di ovociti recuperati è generalmente basso e soprattutto la percentuale di ovociti con alterazioni cromosomiche aumenta; tutto ciò si traduce in basse chance di gravidanza.

 

Si stima infatti che l’ideale sarebbe riuscire a crioconservare circa 10-15 ovociti in donne di età inferiore ai 35 anni, numero che consentirebbe una tangibile possibilità di futura gravidanza con il loro utilizzo.

Sembra invece che per fasce di età superiori il numero di ovociti da crioconservare per avere reali possibilità di gravidanza con il loro utilizzo dovrebbe essere più elevato.

 

Per quanto concerne le motivazioni che spingono una donna a ricorrere al social freezing per cercare di mantenere la propria fertilità futura, uno studio presentato nel 2018 all’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) di Barcellona ed effettuato in grandi centri di procreazione medicalmente assistita degli USA e in Israele, ha mostrato come prima causa la mancanza di un partner o di una relazione stabile.

Questo è in controtendenza rispetto a quanto veniva pensato in passato, quando invece venivano indicate nelle condizioni economiche e soprattutto nel carrierismo le prime motivazioni per ricorrere al social freezing.

In cosa consiste questa tecnica e cosa comporta per la donna

In primo luogo verrà effettuata una consulenza preliminare durante la quale il medico specialista in procreazione medicalmente assistita valuta la situazione specifica, raccoglie un’accurata anamnesi e richiede esami per la valutazione della riserva ovarica e per l’effettuazione del trattamento.

 

Successivamente viene stabilita la terapia da effettuare. Si tratta di un trattamento necessario per avere una stimolazione della crescita follicolare multipla utilizzando farmaci chiamati gonadotropine. Questi farmaci permettono di far crescere contemporaneamente più follicoli.

La risposta alla terapia viene costantemente monitorizzata tramite ecografie e controlli dei valori ormonali.

Quando abbiamo raggiunto uno sviluppo follicolare adeguato, la paziente viene sottoposta al prelievo ovocitario. Il pick up o prelievo ovocitario viene effettuato per via transvaginale in sedazione; la sedazione è totale ed è somministrata da un medico anestesista dedicato. Stiamo parlando pertanto di una procedura non dolorosa.

 

Recuperati gli ovociti questi vengono valutati dal biologo che così provvede alla crioconservazione degli ovociti risultati adeguati mediante vitrificazione: una tecnica di congelamento ultra rapido che preserva l’integrità della cellula uovo con tassi di sopravvivenza post scongelamento molto alti (95%) e con conseguenti alte percentuali di fertilizzazione (il diventare embrione dopo aver inseminato l’ovocita con lo spermatozoo) e di gravidanza.

 

Gli ovociti così congelati verranno poi conservati in azoto liquido presso la banca del Centro.

 

Il maggior vantaggio di questa tecnica è che le percentuali di gravidanza rimangono quelle dell’età in cui la paziente ha crioconservato i propri ovociti; il tempo che passa e quindi, il conseguente peggioramento della qualità ovocitaria e la progressiva diminuzione della riserva ovarica, vengono in questo modo ingannati.

 

Se e/o quando la donna desidererà utilizzare i propri ovociti crioconservati verrà preparato l’endometrio ad accogliere l’embrione. Tale embrione viene ottenuto con tecniche di fecondazione in vitro inseminando gli ovociti, previo loro scongelamento, con gli spermatozoi del partner maschile mediante la tecnica ICSI.

Le percentuali di successo saranno quindi analoghe a quelle di cicli di scongelamento in donne della stessa età della paziente al momento della crioconservazione.

 

Il social freezing dunque, è una metodica estremamente importante per le donne alle quali viene così consentito di pianificare la gravidanza in maniera più consapevole e in considerazione delle specifiche situazioni che la singola donna può dover affrontare. In tal modo viene aumentata la possibilità procreativa futura, cercando di mantenere le percentuali di successo legate alla giovane età.

 

Va segnalato che nel nostro Paese, uno dei più all’avanguardia e con la più alta esperienza proprio nella crioconservazione ovocitaria, questa metodica non ha ancora incontrato la diffusione che dovrebbe avere.