I risultati di una lunga ricerca storica effettuata nel Regno Unito

In passato abbiamo affrontato spesso il problema del tabù esistente sui temi che riguardano l’infertilità. La resistenza che è riscontrabile anche in ampie fette della società attuale è il frutto di un complesso incrocio di sentimenti e atteggiamenti diffusi, ma molto più probabilmente del fatto che si parla troppo poco di questi argomenti, come invece si dovrebbe fare a partire sin dalla giovane età.

Eppure recentemente è emersa questa nuova evidenza storica che ci racconta quanto sia lungo il rapporto tra le società occidentali e i problemi legati alla capacità di procreare.

Oggi è chiaro come anche l’infertilità maschile fosse già conosciuta, diagnosticata e “curata” nel XIII secolo; così affermano i ricercatori che hanno trovato testi medievali che descrivono test medici e “cure” per l’incapacità degli uomini ad avere figli.

I ricercatori dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, hanno analizzato una serie di libri medici e religiosi risalenti al XIII secolo scoprendo che i testi , ampiamente diffusi all’epoca, riconoscevano la possibilità dell’infertilità maschile, avendo una chiara percezione della sterilità e anche di problematiche legate alla debolezza o all’insufficienza del seme maschile.

Lo studio ha riscontrato addirittura l’esistenza di una sorta di test delle urine, ideato per determinare chi tra i due coniuigi fosse da incolpare per l’assenza di figli in un matrimonio, così come di ricette mediche elaborate come trattamento per i problemi legati all’infertilità specifica nei maschi.

La differenza ipotizzata dagli studiosi era che a quell’epoca, nell’Inghilterra medievale, gli uomini venissero ritenuti responsabili del fallimento di una coppia ad avere figli per ragioni legate puramente a disfunzione sessuale impeditiva, mentre le donne fossero accusate di essere incapaci a procreare prevalentemente per ragioni religiose.

I ricercatori hanno scoperto che in Inghilterra, tra il XIII e il XV secolo, l’infertilità maschile era vista come una possibilità non solo tra coloro che avevano studiato medicina in un’università e potevano leggere il latino, ma anche in ampie fette di popolazione meno istruite ma in grado di accedere a testi in inglese.

Sebbene i testi medici tendessero a dedicare maggior spazio alla sterilità femminile, l’infertilità maschile è stata comunque regolarmente discussa come una possibile causa di assenza di figli nei testi accademici e dai medici medievali istruiti – conferma Catherine Rider, storica dell’Università di Exeter.

Durante la ricerca sono stati ritrovati testi scritti in lingua volgare che contenevano riferimenti alla sterilità maschile come possibile causa del mancato concepimento; spesso si trattava della traduzione di testi latini, riadattati e ampliati, che in seguito avrebbero pure influenzato le collezioni di ricette inglesi che avrebbero da allora incluso anche rimedi per l’assenza di figli.

Esiste per esempio un trattato ginecologico del XII secolo intitolato Trotula, di autore anonimo, che fu diffuso e tradotto in inglese e francese. Al suo interno si trovano affermazioni come quella che dice che “il concepimento è ostacolato tanto dalla colpa dell’uomo quanto dalla colpa delle donne”.

Questo testo sulla medicina legata alla donna, allora ampiamente diffuso e letto, descriveva disturbi riproduttivi maschili come forme meno visibili di sterilità e problemi relativi alle erezioni e alla produzione di spermatozoi.

Il libro includeva anche un test, già apparso anche in precedenti testi medievali, per verificare se il difetto risiedesse nell’uomo o nella donna: entrambi – si diceva – avrebbero dovuto urinare in una pentola di crusca e le pentole sarebbero poi dovute essere custodite per nove o dieci giorni. Se dopo quel periodo fossero apparsi vermi in uno dei vasi, quelli avrebbero rivelato quale dei due partner fosse quello infertile.

Non siamo in grado di comprendere appieno quali atteggiamenti fossero tenuti verso l’infertilità maschile nel Medioevo perché abbiamo ritrovato pochissimi documenti che descrivono le esperienze di persone che hanno avuto disturbi riproduttivi – aggiunge la dott.ssa Rider.

È complicato anche sapere, al momento, quanto gli uomini o le donne fossero propensi a cercare un trattamento pratico per l’infertilità. Molte delle prove oggi a nostra disposizione provengono da medici che discutevano sui fatti registrati nei loro pazienti e su come trattare questi problemi.